Questa lapide commemora le tragiche vicende degli Internati Militari Italiani, i soldati del Regio Esercito che, dopo l’8 settembre 1943, vengono catturati dai tedeschi e deportati nei campi di lavoro in Germania. Quando Mussolini costituisce la Repubblica Sociale Italiana, il maresciallo Rodolfo Graziani crea le forze armate dello Stato neo-fascista e chiede a Hitler di riconoscere l’esercito repubblicano. I nazisti si fidano poco, ma i soldati italiani ricevono la proposta di arruolamento; tutti coloro che la rifiutano – la netta maggioranza dei catturati – sono rinchiusi nei campi e vengono trattati in maniera disumana: i funzionari del Führer non si curano della Convenzione di Ginevra o delle norme che regolano la gestione dei prigionieri di guerra e sfruttano brutalmente la forza-lavoro degli italiani, che pagano un prezzo altissimo per aver negato il sostegno alla RSI. Gli storici del Dopoguerra hanno coniato per loro l’etichetta di “Internati Militari Italiani” (IMI); dopo una lunga stagione di oblio, l’ultima fase delle ricerche storiche ha restituito dignità e importanza a un rifiuto che si è rivelato come una delle prime forme di resistenza al nazi-fascismo.

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