Un’indagine condotta dall’Associazione “Mario del Monte” nella scuola modenese

L’Associazione culturale “Mario Del Monte” ha condotto recentemente un’indagine sulla democrazia nella scuola modenese. Abbiamo rivolto alla prof. Anna Maria Pedretti che ne ha curato lo svolgimento, alcune domande per avere precisi ragguagli sulle risultanze dell’iniziativa.

Qual è, a suo parere, il giudizio che si può trarre da questa esperienza, partendo anzitutto dalla metodologia adottata?

La novità della ricerca è anzitutto di carattere metodologico. Si è trattato di una ricerca qualitativa mista che, usando due strumenti metodologici diversi – quello della “osservazione partecipante” e quello autobiografico – ha fatto dei due protagonisti dell’indagine (insegnanti e studenti) dei soggetti a cui è stata data parola e non degli oggetti da esaminare come dati impersonali. Insomma gli insegnanti da un lato (attraverso le schede di osservazione dei comportamenti dei loro studenti – accompagnate dall’indicazione dello loro riflessioni e delle loro emozioni-) e gli studenti dall’altro (attraverso la compilazione di un diario personale e privato, assolutamente libero e garantito dall’anonimato) sono sempre stati coinvolti fin dall’inizio del percorso in modo attivo e responsabile, hanno potuto liberamente manifestare dubbi, perplessità, interrogativi relativi al tema della democrazia nella scuola; e infine hanno potuto ancora confrontarsi sui problemi emersi nei momenti della “restituzione” (a livello di singole classi prima e successivamente a livello pubblico nei due confronti che si sono svolti a Modena e a Mirandola).

Dall’analisi degli elaborati emerge che la democrazia vera nella scuola rimane un obiettivo da perseguire, stante la permanenza di mali antichi, duri a morire, come viene sottolineato nelle riflessioni conclusive. Quali indicazioni potreste suggerire per cominciare a porvi rimedio?

I ragazzi hanno chiaramente indicato che nella scuola esiste una gerarchia per cui “il professore ha il coltello dalla parte del manico” e a loro volta gli insegnanti sono posti sotto il controllo dei dirigenti, ma più ancora sentono sulla pelle la “dittatura dei programmi”. Ma è pur vero che nella scuola si insegnano i contenuti della democrazia (la legge costituzionale, la nascita e il funzionamento delle istituzioni democratiche, ecc.). Ed è pur vero che gli studenti vivono in un contesto sociale che richiede una pratica democratica, se vogliamo che abbia senso il richiamo al rispetto di leggi e regolamenti e l’acquisizione del senso di responsabilità.

E allora che fare?

Una prima indicazione viene dagli studenti stessi. A volte avvertono la partecipazione alle attività istituzionali come inutile o poco capace di incidere nei problemi quotidiani legati al rapporto interpersonale coi docenti. “Se tu dici qualcosa contro qualche insegnante, poi sai che lui te la farà pagare” ha detto uno studente liceale di Mirandola. E allora perché non suggerire alle scuole che vogliono davvero realizzare pratiche di partecipazione democratica di offrire agli studenti strumenti per ascoltare e prendere sul serio le loro voci? In cui si possano raccogliere le critiche, le osservazioni, i contributi alla soluzione dei problemi? Ad esempio, uno strumento simile al diario che noi ricercatori abbiamo offerto loro? uno strumento in cui la garanzia dell’anonimato permetta ai dirigenti e ai docenti di sapere cose che non vanno nella scuola, senza preoccupazioni di ritorsioni nei confronti degli studenti?

Sarà sufficiente proporre che la “scuola si guardi dentro” attuando un’ampia riflessione sul suo stato di salute?

La riflessione della scuola su se stessa, e una riflessione aperta, coraggiosa, senza autogiustificazioni né sensi di colpa è, io credo, la condizione necessaria e indispensabile per chiunque, tra i suoi operatori, abbia a cuore davvero il futuro di questa istituzione. Una scuola che ha il coraggio di guardarsi dentro credo dimostri di non voler abdicare ad un ruolo pedagogico primario, ma di volersi attrezzare con passione e serietà rispetto alle esigenze di formazione delle giovani generazioni. Una scuola che si interroghi seriamente se la trasmissione delle conoscenze possa essere oggi la sola ed unica forma di apprendimento dei saperi, se le conoscenze tradizionali possano essere sufficienti alle nuove domande che il mondo ci pone davanti, una scuola che accetti la sfida di coinvolgere davvero insegnati e studenti nella costruzione di saperi nuovi, aperti, flessibili, democratici.

L’Associazione “Del Monte”, dopo questo primo approdo, ha considerato l’opportunità di avviare una seconda indagine con l’obiettivo di ricavare nuovi sviluppi progettuali ed operativi?

L’Associazione aveva già nei suoi intenti ipotizzato un percorso pluriennale che ampliasse ed approfondisse la riflessione iniziata con la presente ricerca. Oggi, dopo il confronto sulle problematiche emerse, anche a livello pubblico con l’interesse dimostrato dalle autorità scolastiche e politiche della nostra città e anche della regione, in particolare dall’assessore Mariangela Bastico, dopo i contributi degli studenti che chiedono “e adesso?”, dopo il coinvolgimento di insegnanti che desiderano sperimentare nuove forme di democrazia, è risultata evidente la domanda di continuare il dialogo con i “soggetti” principali che nella scuola vivono gran parte della loro vita.

Una nuova proposta di ricerca-intervento intende approfondire proprio il tema difficile e spinoso dei saperi e delle dinamiche degli apprendimenti. Una ricerca che permetta ad insegnanti e studenti di confrontarsi apertamente e di misurarsi nella sperimentazione di metodologie creative di insegnamento/apprendimento.

Sarà questa la nuova proposta di lavoro biennale che verrà quanto prima presentata, in collaborazione col Comune e col Centro di Documentazione Educativa, agli insegnanti e agli studenti delle scuole di Modena e provincia.