Una donna medaglia d’oro per la Resistenza

La prima volta che ho incontrato l’on. Gina Borellini è stata nelle pagine introduttive di un volume sulle donne della Resistenza nella nostra regione: una monumentale ricerca promossa nel 1975 in occasione del Trentennale, dalla Commissione regionale “Donne e Resistenza” voluta e presieduta proprio da lei Gina Borellini, medaglia d’oro della Resistenza. Una sua frase mi aveva particolarmente colpita: “l’esperienza emiliana di questi ultimi 30 anni testimonia

[…] una lotta attiva e costante delle donne, una loro presenza dentro le istituzioni civili e politiche […] Le consistenti conquiste di questo periodo storico portano innegabilmente il segno delle donne, le istituzioni hanno rappresentato punto di riferimento e possibilità di fare progredire la condizione femminile in un quadro di avanzamento di tutta la società civile”.

08Il segno delle donne. Ecco quello che anch’io nelle mie ricerche storiche andavo cercando.
Di quel segno, anche in relazione all’evento storico resistenziale che le aveva viste protagoniste, c’erano scarsissime tracce: qualche accenno o rimandi a piccole note in fondo alle pagine, spesso relegate in un capitolo dedicato alle donne e alle loro forme di organizzazione, come i Gruppi di difesa della donna e di assistenza ai combattenti.
Così, nonostante le donne avessero combattuto e compiuto gesti eroici – come nel caso di Gina Borellini – che avevano valso loro il riconoscimento più grande, la medaglia d’oro al valor militare, anche gli storici, come era avvenuto in tempo di guerra, ricostruivano la storia della Resistenza dedicando alle donne un capitolo a parte.
Alcuni anni dopo ho l’occasione di incontrarla a casa sua dove il figlio ci accoglie con l’intento di farci vedere il materiale del suo archivio che Gina aveva intenzione di donare all’Udi.
Usciamo dalla casa dell’on. Borellini, già molto sofferente per la malattia degenerativa che l’aveva colpita, con molto più materiale di quello che avevamo immaginato: tanti scatoloni, borse contenenti fascicoli, lettere, buste, quaderni, fotografie, pubblicazioni, ed era comunque solo una piccola parte di quello che l’on. Borellini aveva conservato in tutti gli anni di attività politica e che ci viene consegnato alcuni giorni dopo. Quell’archivio si rivela immediatamente una vera e propria miniera di informazioni dirette e indirette sulla sua vita e naturalmente sulle organizzazioni politiche e associative che lei aveva praticato. L’archivio è una testimonianza viva della sua passione per la politica, nata dalla Resistenza e proseguita nelle associazioni (Udi, Anpi, Anmig, ecc.) e nelle istituzioni. Intendendo per politica qualcosa di buono, di utile, che cerca il bene comune e vuole risolvere i problemi della gente. Sono infatti tante le persone in carne ed ossa che affollano l’archivio con le loro richieste di aiuto e di interessamento a cui veniva puntualmente data risposta individuale e anche collettiva con proposte di legge, interrogazioni parlamentari, incontri, riunioni, assemblee.
L’archivio poi ci dice anche qualcosa in più rispetto all’oggettività degli eventi, delle azioni compiute, delle iniziative realizzate, ci dice anche della sua precisa e costante volontà di documentare: capillarità nella conservazione, molti fascicoli con titoli originali, tentativi di organizzazione delle materie di interesse, e soprattutto tante piccole note ai margini dei documenti che contestualizzano l’evento o che ci restituiscono una sensazione.
“Mia madre avrebbe voluto raccontare la sua storia. Diceva sempre che l’avrebbe fatto quando sarebbe stata in… pensione! Voleva raccontarla ai giovani”, questo ci ha detto il figlio Euro Martini e questo risulta evidente dalla cura con cui sono stati conservati i documenti.
Anche la volontà di depositare il proprio archivio presso il Centro documentazione donna è un passo decisivo verso la sua valorizzazione storica. L’inventario dell’archivio a cura di Mariacristina Galantini viene pubblicato in appendice al volume.
Un paltò per l’onorevole. Gina Borellini Medaglia d’oro della Resistenza racconta la storia di una vita, una vita dura, difficile, eroica per tanti versi.
Il titolo ricorda il paltò che le confezionarono le donne dell’Udi quando dovette recarsi a Roma come deputata nel primo Parlamento italiano e che le vediamo indossare sorridente nell’immagine di copertina mentre varca la soglia di Montecitorio quale simbolo dell’antifascismo e della partecipazione delle donne alla guerra di Liberazione, sotto braccio ad Arrigo Boldrini.
In Gina Borellini la donna, la moglie, la madre, la partigiana, l’operaia, la militante, coincidono in una esperienza politica totalizzante. La sua biografia viene ricostruita nella pubblicazione del saggio di Mariagiulia Sandonà, attraverso i ricordi di tanti uomini e donne che l’hanno amata e stimata così come appaiono nei documenti e nelle immagini. Una preziosa testimonianza che contribuisce a narrare, a distanza di sessant’anni una pagina significativa della ricostruzione democratica del paese nel secondo dopoguerra. Protagonista indiscussa nella storia del Parlamento italiano per il suo lungo impegno per le politiche di emancipazione delle donne e delle categorie sociali più deboli: bambini, anziani, carcerati, disabili. Gina Borellini è stata una donna che, con il suo alto impegno civile, ha fatto proprio il concetto della partecipazione politica, acquisita da un’attiva esperienza nella guerra di Liberazione, da un’autentica formazione all’interno del Partito comunista italiano e dell’Unione donne italiane. Il “dovere della scelta” assunto senza compromessi, è il filo conduttore della vita di Gina Borellini e di un’intera generazione di donne e di uomini impegnati nella lotta contro il fascismo e il terrorismo.

Caterina Liotti