Villa Martuzzi di Vignola,

Sin dal dopoguerra, correva voce che nella famigerata villa Martuzzi di Campiglio di Vignola operò un reparto tedesco, che si rese responsabile di efferati delitti. Non era però mai stato accertato quale reparto tedesco avesse operato a Villa Martuzzi e le ragioni per cui aveva sostato in quella località. Si era sempre solo parlato dell’uccisone di 17 partigiani trucidati alla vigilia del Natale del 1944, i cui resti venero alla luce in seguito ad un bombardamento alleato nel marzo successivo.
Dall’istruttoria relativa alla strage di Marzabotto, che ha portato all’identificazione ed alla condanna all’ergastolo di nove componenti (tutti ufficiali e sottufficiali) del 16° battaglione SS. Panzer Aufklarung, comandato dal maggiore Walter Reder, della 16° divisione Granadier Raichsfurer SS, comandata dal generale Max Simon, ha permesso di accertare che un altro battaglione della stessa divisone, quello comandato dal maggiore (Sturmbannfuhrer) Max Paustian, dal 14 novembre 1944 al 14 gennaio 1945, operò in provincia di Modena. Il battaglione si acquartierò, per un periodo di riposo, fra Vignola e Marano e pose il comando a Villa Martuzzi.
Secondo le testimonianze orali, Villa Martuzzi era divenuto un luogo che suscitava orrore a tutti gli abitanti della zona per le grida e i lamenti che da lì provenivano. Nessuno però era stato in grado di precisare chi vi operasse e che cosa vi fosse realmente accaduto in quei due terribili mesi. Il commissario prefettizio di Vignola con una lettera del 9 marzo 1945, informò il prefetto di Modena che in seguito alle bombe lanciate da aerei alleati erano affiorati dal terreno i cadaveri di 17 persone che erano sepolte in due fosse comuni (una da 14 e una da 3). I cadaveri, che presentavano ferite, lesioni e fratture alla testa, erano stati rastrellati dal battaglione di Paustian nella zona di Monte Orsello di Guiglia, al confine con il territorio di Montombraro di Zocca, il 23 dicembre 1944, in seguito all’uccisone di un maresciallo tedesco.
Furono sterminate intere famiglie perché sospettate di collaborare con i partigiani. Le povere vittime verranno poi identificate per: Clinio, Marsiglia, Pietro e Tilde Amici (padre e tre figli) Felice Bassani, Primo Bigi, Guglielmo Borghi, Ildebrando Cornacchini, Avito Magni, Nicola Nervuti, Guido Palmieri, Dario Piccioli, Giovanni Piani, Alberto Pisanelli, i fratelli Artemio, Elio e Raimondo Uccellari.
A Villa Martuzzi, in tempi diversi, vennero massacrate altre persone, tra cui Alcide Martinelli che venne trucidato il 28 novembre 1944. Diversi morti non sono mai stati identificati.
Anche il podestà di Marano, Renzo Martinelli, in uno dei periodici rapporti diretti al prefetto di Modena parla della presenza di SS germaniche che erano state alloggiate nelle scuole di quel comune, lamentando che quelle truppe avevano posto in essere delle violenze che terrorizzarono la popolazione e che prima di andarsene distrussero i mobili, le porte e le finestre delle scuole in cui erano alloggiate.
Auspichiamo quindi che la Procura della Repubblica Militare di Verona faccia piena luce sui crimini perpetrati a Villa Martuzzi ed incrimini eventuali elementi del battaglione di Paustian se ancora in vita.

Rolando Balugani

rederReder nacque a Jesenik, Repubblica Ceca (allora Freiwaldau, Austria-Ungheria), nel 1915. Si arruolò nelle SS il 9 febbraio 1933, dopo essere stato membro della Hitlerjugend. Uscito dalla SS-Junkerschule di Braunschweig nel 1936 ottenne il comando di varie unità della divisione “Totenkopf” durante i primi anni del conflitto.Trasferito alla divisione “Reichsführer-SS” si rese responsabile del Massacro di Marzabotto fra il settembre e l’ottobre del 1944.
Al termine della guerra venne estradato in Italia, nel maggio del 1948, con l’accusa di crimini di guerra. Giudicato colpevole da un Tribunale militare di Bologna nel 1951, venne condannato al carcere a vita per il massacro di 2.700 italiani dell’abitato di Marzabotto, tra l’Emilia e la Toscana, da scontare nel carcere di Gaeta.
Reder, in una lettera inviata agli abitanti del paese emiliano, nel dicembre 1984, espresse un profondo rammarico e pentimento per il suo gesto. Rilasciato il 24 gennaio 1985, si trasferì a Vienna. Non appena giuntovi, ricevuto con onori militari dall’allora ministro della difesa austriaco, fu solerte nel ritrattare le scuse al popolo italiano, sottolineando il fatto di aver pronunciato le parole di scuse solo per opportunismo politico. Morì, ingiudicato, nel 1991.