“Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di lingue, di religione, di opinioni politiche, condizioni personali e sociali…”

Così afferma la prima parte dell’art. 3 della Costituzione approvata nel 1948. Principi e valori che verranno ribaditi con forza per tutti gli esseri umani, dalla Carta dei diritti delle persone varata dall’ONU.
Questi valori e principi, sempre attuali, oggi devono fare i conti con le problematiche di questo millennio: un processo di globalizzazione, con il conseguente fenomeno della migrazione di milioni e milioni di uomini e donne.
Questo processo ha coinvolto anche l’Italia, facendo arrivare milioni di esseri umani con storie, tradizioni, culture, religioni diverse. Milioni di esseri umani che non hanno una storia condivisa, e una identità nazionale condivisa.
Qui stanno le cause di “conflittualità ” che si determinano nei rapporti di convivenza, fra una comunità più forte, più coesa è in “casa sua” e nuove diverse comunità, più deboli che sono venute in “casa d’altri”.
Per governare questa conflittualità è necessario avere ben fermi e presenti i valori, i principi e le scelte che vengono dalla Costituzione, per far convivere, collaborare, le diverse comunità, per costruire assieme una nuova “comunità”. Va ripercorso, in una situazione profondamente diversa, il percorso dei fondatori della Repubblica, della Nazione nuova che uscì dalla Resistenza.
Allora, dopo il crollo della dittatura fascista e la fine della seconda guerra mondiale, che lasciarono un Paese in gran parte distrutto, povero, lacerato e diviso tra Nord e Sud, con forti tensioni sociali e politiche, i valori e principi della Costituzione furono l’ancoraggio, i capisaldi su cui venne ricostruito il Paese, e ridata una identità nazionale a una comunità. Percorso difficile, ma facilitato dal fatto che eravamo una “sola” comunità.
Oggi tutto si pone in modo nuovo. Più difficile e impegnativo, ma non meno necessario.
I diritti di cittadinanza sanciti dalla Costituzione vanno affermati in una comunità in cui si confrontano, vivono a fianco a fianco identità culturali, lingue, religioni, storie nazionali, ecc. diverse.
L’approccio a questa problematica, non deve essere quello della paura, del rifiuto, ma quello della opportunità, per realizzare una comunità più avanzata. Questo è possibile farlo, attraverso un rapporto virtuoso, fortemente correlato fra diritti e doveri e viceversa. Più rivendico diritti, più devo assumermi dei doveri; più mi chiedono doveri, più devo avere garantiti dei diritti.
Dobbiamo lavorare per costruire una comunità della corresponsabilità, dell’appartenenza, del far parte, del sentirsi parte. In questo percorso – processo, vanno coinvolti tutti i cittadini, vecchi e nuovi. Una comunità, che come indica la Costituzione, si basa su un valore fondamentale: ogni essere umano è una unicità in se, e come tale, solo perché esiste, come ci ha insegnato Grozio fin dall’inizio del 1600, ha diritti inviolabili.
Compito della Repubblica, dei governanti, come dice la seconda parte dell’art, 3, è quello di rimuovere gli ostacoli e gli impedimenti che si frappongono per godere tali diritti.
L’ANPI, che organizza uomini e donne, che sono stati artefici diretti della Resistenza, da cui nasce la Costituzione e, da tante altre persone che ne condividono i valori e le ispirazioni, si sente impegnata e coinvolta nella discussione e nel lavoro perché, quanto sancito nell’art.3 della Costituzione, sia la barra che tengono ben ferma quanti governano il Paese o legiferano in Parlamento.

Maurizio Davolio
Presidente dell’Auser